Nel cuore del Jazz

Pensieri per ricordare il Jazz

John Coltrane

«Credo che la cosa più importante per un musicista sia quella di trasmettere a chi lo ascolta un'immagine di tutte le cose meravigliose che sente e avverte nell'universo. Questo è ciò che la musica significa per me, semplicemente una possibilità, tra le molte altre, di dire che viviamo in un mondo immenso e meraviglioso, un mondo che ci è stato donato...»

«L’unica rabbia che posso provare è verso di me, quando non riesco a suonare quello che voglio. (Dalle note di copertina dell’album Coltrane’s Sound) »
«Sono molto felice di poter dedicare tutto il mio tempo alla musica, e sono contento di essere uno di coloro che si sforzano maggiormente di crescere come musicista. Considerando la grande tradizione musicale che abbiamo alle spalle, il lavoro di tanti giganti del passato, del presente, e le promesse di tanti altri che stanno maturando, sento che ci sono tutti i motivi per guardare al futuro con ottimismo. (Da Coltrane On Coltrane, di John Coltrane collaborazione con Don Demicheal, in Down Beat, 29 settembre 1960) »
«Vedete, io ho vissuto per molto tempo nell’oscurità perché mi accontentavo di suonare quello che ci si aspettava da me, senza cercare di aggiungerci qualcosa di mio… Credo che sia stato con Miles Davis, nel 1955, che ho cominciato a rendermi conto che avrei potuto fare qualcosa di più. (Riportato in Jazz – La vicenda e i protagonisti della musica afro-americana, di Arrigo Polillo, Mondatori, 1975)) »
«Il lavoro con Monk mi portò vicino a un architetto musicale di primissimo ordine. Ogni giorno imparavo da lui qualche cosa per mezzo dei sensi oltre che teoricamente e tecnicamente. Parlavo con Monk di problemi musicali e lui si metteva al piano e mi mostrava le risposte suonando. Io lo guardavo suonare e scoprivo ciò che volevo sapere. E così imparavo anche un sacco di cose per me del tutto nuove.. (Da Coltrane On Coltrane, di John Coltrane in collaborazione con Don Demicheal, in Down Beat, 29 settembre 1960.Riportato da Ira Gitler nelle note di copertina dell’album Thelonious Monk With John Coltrane) .»
«Sul contralto ero stato totalmente influenzato da Bird e mi sentivo sempre inadeguato. Ma sul tenore non c’era nessuno le cui idee fossero così dominanti come quelle di Parker. Tuttavia ho preso qualcosa da tutti quelli che ho ascoltato in quell’epoca, a cominciare da Lester Young, ma tenendo conto anche di musicisti che non hanno mai registrato un disco. (Riportato in John Coltrane – con il blues nell’anima di Alberto Rodriquez, in Musica Jazz, novembre 1981) »
«Il jazz, se si vuole chiamarlo così, è un’espressione musicale; è questa musica è per me espressione degli ideali più alti. C’è dunque bisogno di fratellanza, e credo che con la fratellanza non ci sarebbe povertà. E con la fratellanza non ci sarebbe nemmeno la guerra. (Riportato in Black Nationalism And The Revolution In Music, di Frank Kofsky, Pathfinder press, 1970) »
«Quando suonavo con Dizzy non ero cosciente dei miei mezzi. Suonavo secondo dei cliché e cercavo di imparare i pezzi più famosi, così potevo suonare insieme ad altri musicisti. (Da Trane On The Track di Ira Gitler. Intervista rilasciata il 16 ottobre 1958 e ripubblicata su Down Beat, luglio 1999)) »
«Durante l’anno 1957 sperimentai, per grazia di dio, un risveglio spirituale che doveva condurmi ad una vita più ricca, più piena, più produttiva. A quel tempo, per gratitudine, chiesi umilmente che mi venissero concessi i mezzi ed il privilegio di rendere felici gli altri attraverso la musica. Sento che ciò mi è stato accordato per Sua grazia. Ogni lode a Dio. (Dalle note di copertina scritte da John Coltrane per l’album A Love Supreme) »
«Sono molto onorato di avere avuto l’opportunità di suonare con Duke Ellington. È stata un’esperienza meravigliosa. Lui aveva posto dei limiti che all’inizio io non avevo colto. Mi sarebbe piaciuto lavorare su altri pezzi, ma poi sono arrivato alla conclusione che difficilmente avremmo potuto suonare con la stessa spontaneità con cui avevamo suonato sino a quel momento. (Dalle note di copertina dell’album Duke Ellington e John Coltrane) »
«Ciò che mi attrae di Ravi Shankar è l’ aspetto modale della sua musica. Per un certo periodo, all’epoca di Giant Steps, la mia preoccupazione maggiore erano gli accordi, mentre ora è cominciato per me il periodo modale. Se ne suona molta musica modale nel mondo. In africa per esempio, essa ha un rilievo straordinario, ma verso qualunque altro paese si indirizzi lo sguardo -alla Spagna, alla Scozia, all’India o alla Cina- è sempre questo tipo di musica che si impone all’attenzione. Esiste dunque una base comune. Ed è questo aspetto universale della musica che li interessa e mi attira, fungendo da traguardo. (Riportato da Frank Tenot nel fascicolo n. 10 I giganti del jazz Curcio Editore) »
«Sotto il profilo tecnico ci sono certe cose che mi piace inserire nei miei assoli. Per farlo devo avere a disposizione il materiale giusto. Funzionale allo swing, ad essere variato. Voglio riprendere vari tipi di musica e inserirli in un contesto jazzistico per suonarli con i miei strumenti. Mi piace la musica orientale e Yusef Lateef è uno che per qualche tempo l’ ha utilizzata facendola confluire nel suo modo di suonare. Ornette Coleman suona a volte con un concetto spagnoleggiante, come pure con altri concetti musicali dai profumi esotici. In questi approcci musicali ci sono delle cose alle quali posso attingere per adattarle al modo in cui a me piace suonare. (Da Coltrane On Coltrane, di John Coltrane in collaborazione con Don Demicheal, in Down Beat, 29 settembre 1960) »
«Pharoah Sanders mi aiuta a rimanere in vita, a volte, perché il ritmo che sto sostenendo è fisicamente molto intenso. Sento che mi fa piacere avere questa forza nel gruppo e in qualsiasi altro luogo. Pharoah è molto forte nello spirito e nella volontà, mi capisce queste sono le cose che mi piace avere attorno a me. Nel vecchio gruppo Elvin aveva questa forza. Io devo sempre avere vicino a me qualcuno con questa forza. (Riportato in Black Nationalism And The Revolution In Music, di Frank Kofsky, Pathfinder Press, 1970) »
«Non c’è mai fine. Ci sono sempre dei suoni nuovi da immaginare, nuovi sentimenti da sperimentare. E c’è la necessità di purificare sempre più questi sentimenti, questi suoni, per arrivare ad immaginare allo stato puro ciò che abbiamo scoperto. In modo da riuscire a vedere con maggior chiarezza ciò che siamo. Solo così riusciamo a dare a chi ci ascolta l’essenza, il meglio di ciò che siamo. (Riportato da Nat Hentoff nelle note di copertina scritte per l’album Meditation) »
«Prima dell’arrivo di Dolphy nel gruppo mi sentivo a mio agio con un quartetto. Ma quando Eric si è unito a noi, è stato come se la nostra famiglia si fosse arricchita di un nuovo membro. Egli aveva trovato un altro modo di esprimere quelle cose per le quali fino a quel momento noi eravamo riusciti a trovare solo una maniera per esprimerle. Dopo che entrò a far parte della formazione, Dolphy ha ampliato le nostre possibilità e le nostre ambizioni: ha avuto su di noi un effetto estremamente positivo. (Dalle note di copertina dell’album Duke Ellington e John Coltrane) »
«Stavo provando a fare qualcosa…. C’era qualcosa che volevo fare musicalmente e arrivai alla conclusione che potevo fare due cose: avere un gruppo che suonasse nel modo in cui eravamo soliti suonare, o un gruppo che seguisse la direzione che ora ha preso il mio gruppo. E io potrei unire questi due gruppi seguendo questi concetti. (Riportato in Black Nationalism And The Revolution In Music, di Frank Kofsky, Pathfinder Press , 1970) »
«Non so esattamente ciò che sto cercando, qualcosa che non è stato ancora suonato. Non so che cosa è. So che lo sentirò nel momento in cui me ne impossesserò, ma anche allora continuerò a cercare. (Riportato da Frank Kofsky nelle note di copertina scritte per l’album The John Coltrane Quartet Plays) »
«Potresti provare a toglierti il fottuto sax dalla bocca. [A John Coltrane che, verso la fine della loro collaborazione, suonava assolo sempre più lunghi e, alla richiesta di Davis di accorciarli, rispose "Non riesco, Miles, non so come fare a smettere"]. »
«Let's face it. We [tenor saxophonists] would all play like him, if we could." riferita a Stan Getz

(Red Garland)
Citazione su John Coltrane
«Voglio essere una forza del bene. In altre parole so che esistono forze del male, forze che arrecano sofferenza agli altri e miseria al mondo, ma io voglio essere una forza opposta. Io voglio essere la forza con la quale fare veramente del bene. (Riportato da Nat Hentoff) »«Sì, ricordo la registrazione di Invitation, come, del resto, ricordo tutte le altre effettuate con Trane. Come non potrei? Neppure Miles Davis potrebbe dimenticare ogni istante in cui ha soffiato accanto a quel colosso. Stare accanto a Coltrane è stato più che un'esperienza impagabile. Lui iniziava a soffiare e ognuno di noi veniva immediatamente catturato nella sua rete. Non potevi più uscirne fuori. Ma, per il vero, nessuno di noi ha mai tentato di uscirne. Era ammaliato, stregato, plasmato, annientato dalla sua musica, dalle note che quel sassofono sfornava a getto continuo, senza tregua, senza remissione. Note incandescenti che avrebbero potuto anche ustionarti. E tutte con un preciso significato. Trane non ha mai fatto nulla in cui non credesse fortemente e che non sentisse intensamente. Era un sincero, un passionale. Si è distrutto suonando troppo. La creatività, che aveva dentro e non gli dava tregua, lo ha fatto morire. "Invitation"? Che dire. C’è tutto Trane in quel lunghissimo assolo. Tutta la sua arte, il suo cuore, la sua umanità. Dopo Charlie Parker è arrivato Trane. Poi, quando anche lui è scomparso, è rimasto il deserto. Arriverà un altro messia? All’orizzonte non appare nessuno. »

I Remember Clifford di Benny Golson

I Remember Clifford è un brano che Benny Golson compose per ricordare Clifford Brown musicista jazz morto in un terribile incidente automobilistico a soli 26 anni .

«[it] took me several weeks, but I'd never written a composition like it before. I wanted to create a melody that the public would remember, and associate it with [him]»

«Mi presi alcune settimane, ma non avevo mai scritto un pezzo musicale come quello prima, Io volevo creare una melodia che il pubblico ricordasse e assocciasse a lui.»


Lou Levy
"Flawless technique, perfect time, strong melodic sense and more than enough harmonic expertise, fabulous memory, and great ears. Add a superb sense of dynamics, pacing, and format. Top this off with a sound of pure gold and you have Stan Getz". — pianist Lou Levy

Arturo Sandoval

".[M]y philosophy has always been that I love music. Period. I don't want to be remembered as a jazz trumpeter. I'd like to be remembered as a man who loved music. Because I like to play piano, I like to compose. I like to do all those things as much as I like to play the trumpet." --Arturo Sandoval in magazine Billboard


Louis Armstrong
The Brick House was one of the toughest joints I ever played in ... Guys would drink and fight one another like circle saws. Bottles would come flying over the bandstand like crazy and there was lots of plain common shooting and cutting. But somehow all that jive didn't faze me at all. I was so happy to have some place to blow my horn. Satchmo: My Life in New Orleans (1954)

Thom Jurek
Whether striding out blues by Louis Armstrong, Bix Beiderbecke, and Oliver, playing in the hot bebop styles of Dizzy Gillespie, Fats Navarro, and Clifford Brown, the muted, elegant silkiness of the warm, thin-toned masters such as Chet Baker, Harry James, and Miles Davis, or classical maestros such as Maurice Andre, Rafael Méndez, or Timofei Dokshizer and the full-throated sweetness of Bunny Berigan, Cootie Williams, Clark Terry, and Roy Eldridge, or the hard edgy sounds of Maynard Ferguson, or the technically perfect pitch of Marsalis, the effect is the same, perfection, and not just technical. The emotional resonances of these tunes ring as true as if Sandoval wrote them himself.” Thom Jurek, All Music Guide